Poco o nulla sappiamo delle vicende della Valle Trompia nei primi secoli delle invasioni barbariche. “La gente – scrive lo storico longobardo Paolo Diacono – fuggiva dai paesi cercando di fuggire la morte; le case restavano vuote, c’erano solo i cani; le greggi restavano sole nei pascoli.
Non c’era più alcun passante, le case si trasformavano in tane per le belve”.
Gli Unni di Attila giunsero a saccheggiare Brescia nel 452, sopraggiunsero poi i Goti di Teodorico, gli Ostrogoti, i Bizantini…Giunsero alla fine, ma non ultimi, i Longobardi, guerrieri di stirpe germanica che, superate le Alpi, dilagarono nella pianura padana con il loro seguito di donne e bambini.
Brescia venne occupata dagli uomini del duca Alachis, che si stabilirono nella parte occidentale della città, mentre i pochi abitanti rimasti cercarono scampo lungo l’antico decumano massimo tra le rovine delle domus della Brescia romana.
Al momento del loro arrivo in Italia i Longobardi erano in parte ancora pagani e in parte ariani.
Dopo essersi stanziati nei nostri territori, conquistati, in un certo senso dal cattolicesimo e da ciò che restava della civiltà latina, si integrarono con i sottomessi abitanti ed ebbe inizio un lento periodo di ricostruzione.
Nel 753 la nobile bresciana Ansa, divenuta sposa del duca longobardo Desiderio, volle costruire ai piedi del colle Cidneo un monastero benedettino femminile che, inizialmente intitolato a S. Michele e a S. Pietro, prenderà il nome di San Salvatore che diventerà, con la sua splendida chiesa romanica, il centro politico, religioso ed economico non solo della città, ma dell’intero territorio bresciano. R. Simoni, Per le contrade di Sarezzo