Incisioni

Le incisioni possono essere in cavo in rilievo oppure in piano.

La tecnica in cavo consiste di una matrice di metallo che può essere incisa direttamente (Bulino, Niello, Puntasecca), oppure incisa con acidi (Acquaforte, Acquatinta, Cera molle). Si dice in cavo perché l’inchiostro di stampa penetra nei solchi che sono venuti a formarsi per azione del bulino o dell’acido.

La tecnica in rilievo consiste di una matrice che viene scolpita in altorilievo (tipo timbro) anticamente il supporto era in legno (Xilografia), oggi si usa linoleum, medium density, o altri materiali similari.

Alla tecnica in piano appartiene la litografia, in questo caso la matrice è in pietra che viene trattata con penne grasse e poi acidata. L’impressione sulla carta non lascia il segno della matrice.

Incisioni al bulino

Le incisioni con il Bulino vengono applicate, da lunghe generazioni, dai Maestri Incisori della Valtrompia (Brescia) per la preziosa decorazione di armi da collezzione ed oggetti preziosi.

Con il termine bulino si defiscono sia un sottile scalpello con punta in acciaio, utilizzato per particolari incisioni, che la tecnica di incisione realizzata con tale strumento.
A seconda delle necessità di incisione, la punta può avere forma ad angolo (più o meno acuto) o semicircolare. Molti bulini sono realizzati in modo tale che lo stesso manico possa supportare diverse punte.

Le incisioni con bulino non prevedono la morsura con acidi per scavare il solco della lastra il quale è ottenuto soltanto tramite l’azione dello scalpello che, asportando il metallo dai contrografismi, conferisce alla stampa un segno netto e preciso.

Il bulino antico utensile

Il bulino è il più antico procedimento calcografico e prende il nome dallo strumento usato per incidere il metallo.
L’origine risale alla prima metà del Quattrocento e deriva dalla tecnica usata sui metalli fin dal Medio Evo dagli orafi, che impiegavano il bulino per ottenere incavi nelle lamine, generalmente d’argento, poi colmati per rendere evidente il disegno, con una mistura nera chiamata nigellum (niello).

Quando per un controllo del cesello si mise nei solchi al posto del niello una mistura simile di inchiostro denso e si vide che questi lasciavano la loro impronta sulla carta umida si ebbero le prime impressioni a bulino.

Con il nome di niello si indica tanto la lamina incisa quanto l’impressione su carta. Successivamente si pensò di stampare su carta le matrici metalliche incise, con un torchio a cilindri e solo allora nacque il bulino, di conseguenza la tecnica calcografica.
Lo strumento per incidere a bulino è formato da una sottile sbarra di acciaio temperato con un estremità tagliata trasversalmente ed affilata, di sezioni diverse: quadrata, triangolare, a losanga, ecc.
L’altra estremità è infissa in un’impugnatura di legno a forma di mezza sfera che si adatta alla mano dell’incisore, permettendogli di conferire con il palmo della mano una spinta costante e di esercitare contemporaneamente una pressione con l’indice sul ferro.

L’inclinazione del bulino rispetto alla superficie della lastra dipende dal tipo di affilatura del bulino stesso. Per incidere si pone la lastra su di un cuscinetto di cuoio pieno di sabbia, in modo che non si muova e possa essere spostata facilmente durante il lavoro.
Per le curve si fa ruotare il tutto con la mano sinistra mentre il bulino deve rimanere pressoché fermo.
Il ferro asporta il metallo, davanti alla punta forma un ricciolo, ma la pressione del bulino crea ai bordi del segno due leggere sopraelevazioni (barbe) che alla fine del lavoro vanno tolte.
I segni incisi trattengono l’inchiostro per la stampa. Si ottiene così un segno particolarmente netto e preciso, distintivo di questa tecnica.

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