Nel medioevo era sempre la vista della ruota del molino e del campanile della chiesa che annunciava da lontano la presenza di un convento o di un borgo rurale. Così doveva essere soprattutto nelle corti monastiche.
“La corte di Griliano – scrive A. Baronio – rispetto alle altre corti del monastero di San Salvatore presenta una dotazione strutturale più complessa. Nella parte dominica infatti vi è un mulino, cui si rivolge la popolazione dell’intera corte per la macinatura”.
Allorché, verso il Duecento, giungono a Zanano gli Avogadro, anche il molino, come tutto il resto, diventa proprietà della nobile famiglia feudataria e tale rimane fino all’inizio del Cinquecento.
Il 16 agosto 1491 gli uomini del comune e la Vicinia, si riuniscono per deliberare di “trattare col Magnifico Angelo Avogadro” l’acquisto del molino di Zanano utilizzato dagli abitanti di tutto il comune.
L’accordo per la transazione “tra il comune e il Magnifico Signor Decio Avogadro” è raggiunto il 19 febbraio 1517. Il 18 gennaio 1529, per mano di Gabriele Perotti, il comune salda il debito con Decio Avogadro.
In seguito il molino di Zanano dovette essere notevolmente ampliato fino ad avere tre ruote contemporaneamente funzionanti. Nel ‘700 i documenti comunali che riguardano l’affittanza del molino, parlano sempre dei molini di Zanano (al plurale).
“Il Comune di Sarezzo – dice un documento del 1726 – ha tre molini in Zenano sotto un solo Copertume, cioè tre Ruote sopra acqua perenne, di cui due sole andanti”.
Agli inizi del Quattrocento era in funzione un molino anche nella Valle di Sarezzo, sulla riva sinistra del torrente Redocla, poco al di sopra della località nota come “Put de Becc”.
Era probabilmente ad una sola ruota, così che un secolo più tardi si presentò la necessità di costruirne uno nuovo. In data 31 marzo 1522 il comune comperò da Gabriele Perotti “Una pezza di terra prativa e ripata” che confinava con il vecchio molino e nella quale c’era (particolare curioso) un albero di pomi.
Qui venne costruito il molino nuovo, detto anche “molino di sopra” (fabricare fecerunt unum molendium novu vidilicet molendium de supra).
Di lì a pochi anni, nel 1536, nelle immediate vicinanze, ne venne edificato un terzo.
Il citato documento del 1726 dice: “Il Comune in primo ha tre molini in Sarezzo, cioè sotto tre copertumi, con quattro Ruote, ma solo tre andanti in un esso tempo”.
Sul finire del ‘400 ci doveva essere un molino anche in Valgobbia, in un prato presso il torrente Gobbia, detto appunto “prato del molino”. R. Simoni, Per le contrade di Sarezzo.