Gennaio 2018!

neve nel sahara

I record di Gennaio 2018

Temperature quasi estive con violenti temporali sia al Centro che al Nord
A Roma si sono registrati 22 gradi (battendo il limite di 20,2 °C del ‘94), a Napoli sempre 22 (superati i 20,4 °C del ‘97). Non è stato esente il Nord: a Trieste si sono toccati i 18 gradi, surclassando di 1,4 gradi il primato del 1994.

Come in Italia, ci sono stati primati di caldo nei giorni scorsi in Australia (dove però è estate): a Sydney domenica si sono raggiunti i 47,8 ° oltrepassando di mezzo grado il record che durava da 1939.

Nella costa atlantica degli Stati Uniti, invece, sono stati polverizzati i record delle temperature più fredde. A Boston con -19 uguagliata la minima stabilita nel 1896.

L’aria calda e umida ha portato nevicate sulle Alpi e pioggia a quote più basse. Nella Carnia friulana martedì 9 gennaio 2018 sono caduti fino a 110 millimetri di pioggia in 12 ore e il vento da sud ha raggiunto i 130 chilometri all’ora sul monte Rest.

Fino a 40 centimetri di neve ad Ain Sefra, nel Sahara algerino a 1.080 metri d’altezza: negli ultimi 39 anni è nevicato solo tre volte, nel 1979, nell’inverno 2016/2017 e l’8 gennaio 2018

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A proposito di pioggia:

PIOGGE RECORD NELLA PRIMAVERA 2013
La primavera 2013 è stata caratterizzata dalle piogge, pressoché costanti almeno sul Nord: in gran parte nel periodo compreso fra marzo e maggio, tanto che per alcune aree dell’Italia si sono registrate piogge fra le più elevate del periodo. Si può parlare di una primavera tra le più piovose degli ultimi 150-200 anni, date le precipitazioni localmente senza precedenti da quando sono cominciate le rilevazioni meteorologiche. Fra i record più importanti di pioggia si possono segnalare i quasi 500 mm caduti dall’1 marzo all’Osservatorio di Parma-Università, valore più alto dal 1831, ovvero dall’inizio delle misurazioni. Era dal 1904 che non si verificavano precipitazioni così abbondanti.
In montagna, anche a quote basse, la neve è caduta copiosa sino a metà giugno, ridando un poco di respiro ai ghiacciai in fase di preoccupante ritiro generalizzato. La primavera 2013 è stata anche la meno soleggiata dal 1999.

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Pluviometria, il significato dei millimetri nella misura della quantità di pioggia. Cosa sono e cosa significano i millimetri nella misura delle precipitazioni?

A cura di Lorenzo Pasqualini

Perché nella misura della quantità di pioggia caduta si utilizzano i millimetri, e a quanto corrisponde ogni mm di accumulo? I millimetri vengono usati in maniera abbastanza uniforme nel mondo della ricerca scientifica perché permettono di risalire facilmente al volume di acqua caduto su una certa superficie.

La misura in millimetri corrisponde alla così detta altezza pluviometrica.Un millimetro di accumulo è pari come quantità a 1 litro caduto su una superficie di 1 metro quadrato. Dire ad esempio che la quantità di pioggia caduta in una certa località è di 20 mm, equivale a dire che su ogni area di 1 metro quadrato in quella determinata località sono caduti 20 litri di pioggia. Se si posizionasse al suolo un contenitore con una apertura di 1 metro quadro, troverei quindi al suo interno 20 litri. Per questo in alcune nazioni gli uffici preposti alla misura delle precipitazioni usano come unità il l/m2 (litro al metro quadrato). Ci sono poi le nazioni che usano il sistema di misura anglosassone, ed invece di usare i millimetri utilizzano i pollici (inches), ma ormai l’uso del sistema metrico è abbastanza uniforme nel mondo.

Questa maniera di misurare le precipitazioni permette facilmente di calcolare i volumi di pioggia caduti su estensioni areali più grandi. Ad esempio, per calcolare la quantità d’acqua che alimenta un determinato bacino idrografico, basterà conoscere i dati medi di pioggia caduta in un anno (in millimetri) su quel bacino e l’estensione areale che esso ha. Moltiplicando i due valori si ottengono i metri cubi di acqua caduti. Si tratta di un calcolo utilizzato anche dagli idrogeologi per calcolare la ricarica delle falde. Un calcolo utile anche per prevenire piene, perché sapendo in tempo reale quanto sta piovendo sul bacino si può prevedere a grandi linee quale sarà il volume della piena fluviale.

Qui però subentra il problema di quanto fitta è la maglia dei pluviometri dislocati sul territorio: in ogni punto infatti piove in quantità diverse, specialmente durante fenomeni temporaleschi caratterizzati da forte eterogeneità. Inoltre c’è molta differenza ad esempio fra zone montane e pianeggianti, ed in generale sulle nostre catene montuose vi è un aumento della quantità di pioggia media mano a mano che si sale di quota. Avere pochi pluviometri a disposizione può portare ad avere un dato sbagliato sulla reale entità delle precipitazioni in atto.

Chiunque può costruire in casa un proprio pluviometro, e chiunque può ricavare i millimetri di pioggia, nel seguente modo: immaginiamo di avere un contenitore con una bocca di una certa dimensione (i pluviometri usati dai Servizi Idrografici regionali hanno un diametro standard di 36 cm e quindi un’area di 0,1 m2) lasciato all’aria aperta sotto un temporale. Al termine della precipitazione si dovrà misurare la quantità d’acqua caduta, ad esempio con un recipiente graduato in centimetri cubi, di quelli che si usano in cucina. Si avrà quindi a disposizione il volume di pioggia. Dopo aver ricavato l’area dell’imboccatura del pluviometro (ad esempio se essa è circolare basterà usare la nota formula A=?r2 ), essa dovrà essere divisa per il volume di acqua raccolta, e si otterrà una misura in metri, o centimetri, da cui facilmente si ottengono per equivalenza i millimetri di acqua caduti. Ricapitolando, l’altezza di pioggia (mm) = area dell’imboccatura del pluviometro diviso il volume di acqua contenuta nel pluviometro.

La misura ottenuta è universale, e non dovranno quindi essere forniti i dati di apertura dell’imboccatura del pluviometro. Detto questo ci sono però delle regole da seguire per il posizionamento dello strumento. I pluviometri dovrebbero essere installati sempre in aree aperte (quindi lontano da edifici o alberi che possano fare da scudo alla pioggia), con la bocca ad 1 metro e mezzo dal suolo. Inoltre non dovrebbero avere mai una imboccatura troppo piccola perché questo comporta un errore in difetto (specie in occasione di pioggia a vento, la bocca troppo piccola potrebbe non raccogliere tutta l’acqua in caduta). È per questo che i pluviometri ufficiali hanno una imboccatura standard di 36 cm di diametro. La neve e la grandine vengono misurate dopo il loro scioglimento nel contenitore (ma si usa una sorta di equivalenza per la quale 1 cm di neve è uguale a 10 mm di pioggia, anche se si tratta di un calcolo soggetto ad errore). Un dato da considerare se si vuole essere molto precisi è che i pluviometri, essendo situati al di sopra della superficie del suolo, non registrano le cosiddette “precipitazioni occulte”, cioè quella piccola quantità di acqua che arriva al suolo per la presenza di nebbia, rugiada, brina: si tratta però di quantitativi molto piccoli (inferiori al mm), che non incidono in modo particolare sui valori di altezza d’acqua.

Una volta conosciuta l’altezza di pioggia caduta in varie parti del territorio, possono essere costruite le carte di precipitazione, dove vengono tracciate le “isoiete”: così come in una carta geografica esistono le curve di livello (isoipse) per indicare le diverse altezze sul livello del mare, così le isoiete indicano aree dove è caduta una uguale quantità di pioggia. Questo permette una visione di insieme del territorio, e in poco tempo permette di capire in quali aree potrebbero esserci state criticità per piogge molto abbondanti.

Chiunque può esercitarsi calcolando in casa il volume di acqua caduto nella sua zona. Immaginiamo ad esempio il proprietario di un campo agricolo avente un’estensione di 10.000 m2 (un ettaro). Se al centro del suo campo ha posizionato un pluviometro e da esso ricava che in un giorno sono caduti ad esempio 5 mm di pioggia (cioè 0,005 metri), potrà calcolare il volume di acqua caduta nel suo campo in questo modo: 0,005 m x 10.000 m2= 50 metri cubi. E poiché 1 metro cubo di acqua corrisponde a 1000 litri, otterrà la cifra di 50.000 litri di acqua. Di questa quantità una parte si infiltrerà nel suolo alimentando la falda, un’altra parte scorrerà in superficie andando ad alimentare i vicini corsi d’acqua, ed un’altra parte sarà soggetta all’evapotraspirazione (evaporazione durante il giorno e traspirazione attraverso le radici delle piante).

Applicando il calcolo a situazioni attuali, si può calcolare ad esempio il volume medio di acqua caduto nella notte passata sul centro di Roma: considerando un’estensione areale di circa 19 km2 ed il fatto che l’altezza di pioggia registrata stamane dal pluviometro di Collegio Romano (l’unico pluviometro ufficiale disponibile nel centro della Capitale) era di 15.2 mm, si arriva al dato di 288.800 metri cubi caduti sul territorio (cioè quasi 300 milioni di litri!).

La conoscenza della quantità di pioggia che cade sul territorio ha un interesse enorme per aspetti fondamentali della nostra vita quotidiana. Innanzitutto per il fabbisogno idrico. Una parte di quell’acqua si infiltra nel sottosuolo e va a ricaricare le falde: quanto più piove, tanta più acqua sotterranea avremo a disposizione per il consumo idrico. Quanto meno piove, tanto più dovremo razionare le riserve di acqua presenti. Ovviamente questo fattore dipende anche dalla permeabilità del terreno (se è coperto da cemento o se sono presenti sedimenti impermeabili, non si infiltrerà che una minima parte). In secondo luogo per il rischio idraulico: la parte di acqua che ruscella in superficie (cioè che scorre senza infiltrarsi) alimenterà i corsi d’acqua facendone crescere la portata e potrà causare piene, esondazioni. Si tratta perciò di parametri importantissimi da considerare e da tenere costantemente sotto controllo per un miglior rapporto con il territorio.

A cura di Lorenzo Pasqualini 04/03/2014

Fonte:http://www.meteoweb.eu/2014/03/pluviometria-il-significato-dei-millimetri-nella-misura-della-quantita-di-pioggia/267010/

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